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EDITORIALE STAGIONE 2007-2008
L’arte, ragazzi miei, sta nell’essere se stessi fino in fondo, Paul Verlaine
Sia chiaro: rimanere se stessi non vuol dire per noi guardare indietro, preservare chissà quale patrimonio di arte e di sapienza teatrale. Pensiamo piuttosto che quello che è importante mantenere vivo è il senso della necessità del nostro lavoro e del teatro in generale, quell’ansia di scoprire, di conoscere e di capire che fu il primo impulso e che non ci abbandona, quella tensione che assieme alla forza anarchica dell’immaginazione alimenta da sempre l’arte.
Non è semplice. Non basta produrre spettacoli, non basta costruire stagioni più o meno interessanti, più o meno “alla moda”. Quel rapporto diretto e ineludibile fra la nostra vita, la nostra lettura della realtà e il nostro lavoro, che ci ha spinto a iniziare questa storia ormai molto lunga, è un legame sottile e tenace che cerchiamo in tutti i modi di sottrarre alle insidie della routine e all’esteriorità sempre più rumorosa e volgare della società in cui ci è dato vivere.
Scriveva Alberto Giacometti “L’arte mi interessa molto, ma mi interessa di più la verità”. La nostra generazione ha dovuto prendere coscienza, a volte dolorosamente, che la verità non è un dato immutabile, la verità è un desiderio, è una meta che si sposta continuamente in avanti, nessuno ce la può rivelare con parole definitive, la verità è una tensione verso la scoperta di noi stessi e della nostra relazione col mondo, con gli altri e con le cose.
È una totale disponibilità a rimettere continuamente in discussione dati acquisiti, dogmi e teorie. E con essi, anche le parole e le forme che si usano per esprimerli: perché le parole e le forme si logorano con l’uso ripetitivo, distratto o anche entusiasta: ciò che un tempo esprimeva saggezza oggi può restare il più trito dei luoghi comuni.
Ecco, per noi il senso del nostro lavoro forse sta proprio qui: ogni incontro – con un autore, con un testo, con un pubblico - è un piccolo passo verso la scoperta della nostra provvisorissima ma essenziale verità. Il nostro lavoro ci è necessario finché continuerà ad essere anche un percorso di crescita individuale. Siamo sicuri che se lo sarà per noi lo sarà anche per chi questo percorso esperienziale lo vorrà condividere. Per chi vorrà accompagnarci in questa esplorazione. Succede a volte che lungo il cammino si aprano squarci di senso, itinerari appassionanti, e allora il significato del nostro lavoro ci appare di un’evidenza lampante, a volte invece il percorso si fa oscuro e ingarbugliato e, cosa strana, proprio per questo ancora più interessante. È fondamentale quindi trovare compagni di strada affidabili che ci aiutino in questo viaggio emozionante e difficoltoso.
In passato abbiamo avuto guide esigenti come Fassbinder, Heiner Müller, Pasolini, autori con un rapporto lucido e a volte disperato con la storia del secolo appena terminato, e abbiamo avuto la guida di Shakespeare, il maestro di tutti i maestri. Quest’anno è stato profondamente segnato dall’incontro con un testo, Angels in America, e con Tony Kushner, il suo autore, che certamente lascerà una traccia profonda anche nel nostro lavoro futuro. Lo possiamo già leggere negli sguardi di chi lo spettacolo lo ha visto, negli sguardi degli attori che allo spettacolo prendono parte, nella loro gioia di recitarlo sera dopo sera. La gioia di vivere un’esperienza. E di condividerla. Appunto: teatro.
Nel corso dell’anno ci aspettano altri incontri importanti e per noi inediti: con Thomas Bernhard, con Agota Kristof, e nel corso dell’estate, con Sarah Kane per l’allestimento di Blasted. Territori ancora inesplorati, regioni incognite, rischi nuovi. Sono questi i fili che ci legano, attraverso il lavoro di palcoscenico e il più quotidiano e paziente lavoro organizzativo, alle voci che parlano di noi, dei nostri tempi difficili, che ci aiutano a decifrarli e forse ad averne meno paura. Fili che si intrecciano alle opere degli artisti ospiti per definire la fisionomia di questa nuova stagione, che ci auguriamo divenga un dialogo con il pubblico che in tutti questi anni ci ha seguito, in strade a volte faticose, e che spesso, con grande lucidità, ci ha mandato segnali utili per costruire il nostro rapporto con la città, con la nostra idea di teatro e con noi stessi.
La direzione artistica
Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
Milano, Settembre 2007
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La stagione 2007/2008 |
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