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EDITORIALE STAGIONE 2006-2007
Senza fretta ma senza tregua,
come permettono venticinque secoli di esperienza, diamo vita, una stagione dopo l’altra, all’antico progetto di capire l’universo e l’uomo contemporaneo attraverso la rappresentazione. Il cartellone di una stagione si forma attraverso un percorso complesso di incontri, desideri, scoperte, coincidenze, rinunce, a volte compromessi. Svela soltanto alla fine, visto nel suo insieme, un tracciato di connessioni tessute dalla scelta e dall’istinto, che ne rende possibile una lettura coerente.
Partiamo da un assunto che si fa sempre più convincente, man mano che avanziamo nella vita, sulla natura ambigua del distacco del nuovo dalla placenta del vecchio. L’epoca ci è nemica, pretende il nuovo istantaneo ogni secondo. In questo modo lo condanna a essere vecchio ogni successivo secondo. Ma proprio per capire l’epoca in cui viviamo, anche questa nostra città, proprio per capire la sfuggente qualità di ciò che è vera novità epocale, bisogna indagare e dare peso ai segni del nuovo, scartando la trappola dello stare col fiato sul collo dell’attualità e riprendendo il respiro lungo della distanza temporale.
In questa stagione diamo materia inedita alla riflessione con tre riprese di lavori importanti – Medea, Tempesta e Bottega del caffè – e soprattutto con tre nuovi spettacoli: il Giardino dei Ciliegi all’Elfo, Libri da ardere - che vede dopo tanti anni tornare alla regia Cristina Crippa con l’unico testo teatrale di Amelie Nothomb - e con l’avvio a Modena del progetto pluriennale di Angels in America di Tony Kushner.
I suoi Angeli americani, i suoi profeti malati di Aids, con la loro fatica di inventarsi una vita quando tutto intorno crolla, quando finiscono epoche e iniziano millenni (e bisogna trovare un modo per ascoltarsi nel frastuono di torri che franano), sono i bisnipoti dei personaggi cecoviani emigrati dalla Russia sovietica nell’America delle mille possibilità, personaggi perduti in una terra da reinventare, come noi costretti a emigrare nuovamente da un universo di certezze e ideologie verso un mondo sconosciuto da costruire col precario materiale delle nostre coscienze individuali.
Il lavoro sul Giardino dei ciliegi di Čechov - il tempo che passa, la vita che scivola via senza averla vissuta, il grande ciclo della storia e il susseguirsi delle generazioni - e un’impietosa coincidenza anagrafica con le nostre biografie (dice Gaev: “E adesso ho già cinquantun'anni. Che strano...”) ci costringe a una riflessione sul senso del nostro lavoro, sulla sua possibile evoluzione e sullo spazio che deve occupare nelle nostre esistenze individuali, ma ci invita anche a lasciare margini di azione sempre più ampi a giovani artisti che si sono formati lavorando con noi, o che hanno con il nostro teatro un rapporto di consuetudine e di affetto.
Nasce così l’idea di Prime Opere: con i lavori di Nicola Russo su Bouchard, di Lorenzo Fontana su Copi e di Alessandro Genovesi su se stesso si apre uno spazio che vorremmo il più possibile proteggere, e forse addirittura incrementare nel corso delle prossime stagioni. Anche la ripresa del progetto Italiani Cincali! Andata e Turnàta di Mario Perrotta rientra in questo spirito.
Crediamo fermamente che questo sia una specie di dovere da parte nostra e che sia una via perché il teatro continui a essere un organismo vivo.
L’Elfo non è una scuola e neppure un laboratorio: è un luogo fisico, un paese, una piccola polis, con i suoi abitanti storici e i suoi viaggiatori ospiti. Quest’anno raccogliamo il fortunato e contemporaneo scatto in avanti di questi artisti che rispondono creativamente a una condizione sempre più difficile del fare teatro, negli anni del precariato e dei tagli alla cultura. Il clima è cambiato, anche perché la lezione pare sia servita a tutti: speriamo anche a Milano, che aveva e ha bisogno di archiviare in fretta l’atteggiamento ignorante di questi anni verso la cultura e non solo.
Il villaggio ospita importanti amici viandanti. Amici di tanti incontri, come Francesca Breschi o Paolo Poli, e quelli conosciuti da poco ma non meno stimati: Teatrino Clandestino, Vincenzo Perrotta e Valerio Mastandrea, appena incontrato sul set del Caimano. E ancora Serena Sinigallia e l’ATIR tutta, che nel frattempo ha festeggiato i dieci anni, mentre trenta ne festeggia, con i grandi successi delle passate stagioni e una novità, la premiata ditta Quelli di Grock, abitanti di un villaggio vicino, ospitati-ospitanti che ci hanno accolto nel loro Teatro Leonardo da Vinci in questi anni di transizione al nuovo Teatro di corso Buenos Aires.
Il fascino ultimo della condizione umana è la sperimentalità. Chi ne è cosciente rifugge da ogni antitesi tra classico e contemporaneo, falsi corni di un vero dilemma. Il progetto dell’uomo è capire facendo. Capire senza fare non ha senso, come il fare senza capire. Il nuovo scaturisce da questa linea di confine permanente del fare umano. Il vero dilemma sta nella possibilità di distruggere, una possibilità del puro fare umano che oggi tocca limiti estremi, mettendo in gioco la lenta vita geologica del pianeta e ferendo irrimediabilmente pilastri della vita biologica: le foreste, l’ozono, i ghiacciai, le acque, la biodiversità naturale e quella culturale.
Opponiamo al fare cieco – che eleva a mito l’economia del presente non trovando limiti neppure in nome dell’economia del futuro - il fare capendo condensato nel sapere dei secoli passati e ancora nascosto nel segreto della sperimentalità attuale e futura. Il teatro, come l’arte in generale, è un luogo importante dello scambio simbolico tra passato e presente. Star fuori dai grandi numeri gli giova. Le sue conquiste in vitro tocca poi ad altri sperimentarle su altre scale: cosa che del resto accade molto più di quanto si pensi. Quindi: non possiamo farne senza.
La direzione artistica
Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
Milano, 6 settembre 2006
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La stagione 2006-2007 |
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