Bestseller del teatro americano, che ha fatto incetta di premi nella versione teatrale come in quella televisiva guidata da Al Pacino, Angels in America ha trionfato anche nella messinscena di Bruni e De Capitani, che con la prima parte di questa epopea hanno conquistato i maggiori premi teatrali.
Finalmente va in scena la seconda parte, Perestroika, sempre ambientata nella New York febbrile e onnivora degli anni Ottanta, contenitore ideale delle inquietudini di un’epoca che arriva fino ai nostri giorni.
Qui riprende vita l’intreccio che mischia le vite di uomini semplici con quelle di angeli barocchi, di allucinazioni psicotiche che diventano reali e di personaggi storici trasformati in fantasmi.
Ritroviamo dunque i personaggi a cui molti spettatori si erano affezionati: Prior Walter, solo e malato di AIDS, e Louis, il suo ex fidanzato, adesso amante dell’avvocato mormone Joe Pitt; la giovane moglie di quest’ultimo, che in preda alla depressione si costruisce un’identità immaginaria, e sua suocera Hannah, rigida mormone costretta ad allargare le proprie vedute. L’AIDS ha colpito anche Roy Cohn, l’avvocato corrotto, colpevole realmente di aver mandato a morte i coniugi Rosenberg durante il maccartismo.
Il passato non gli fa sconti e gli infligge l’umiliazione di dipendere dalle cure di Belize, “l’infermiera negra del turno di notte,
il mio negativo”. Con l’incalzare della morte, i suoi sogni si popolano di incubi e fantasmi: sarà proprio l’apparizione della sua vittima più famosa, Ethel Rosenberg, ad accompagnarlo verso la fine.
Su palcoscenico, l’epopea contemporanea ritrova quei tratti intimi e allo stesso tempo universali che Tony Kushner delinea fra le parole. Bruni e De Capitani controllano la materia, la definiscono nei tratti più mistico-grotteschi, giocano con i registri come abili burattinai del palcoscenico. Un incontro che riesce nuovamente a sorprendere per precisione, senso estetico, utilizzo dello spazio scenico. E intorno alla coppia di regia, il silenzioso professionismo dei tecnici e un cast che unisce esperienza ed entusiasmo giovanile, impressionante quest’ultimo per intensità e presenza. Un premio dunque a uno spettacolo e a due registi che, nel lavoro collettivo, hanno saputo amplificare qualità e talenti individuali.