Un angelo azzurro, senza testa né braccia, con ali dorate logorate dall’avvicendarsi delle stagioni, veglia sulla tomba numero 13 al Cimitero Monumentale di Milano. Una passeggiata in quel luogo scatena nella protagonista un flusso ininterrotto di ricordi e pensieri, da cui emergono un passato confuso, apparentemente segnato dal conflitto doloroso e irrisolto con una sorella gemella e dalla morte di una giovane nipotina - di tredici anni - contesa all’amore della madre. «Costretta sempre a scegliere tra me e lei – racconta la protagonista – fra una natura femminile e una natura artistica». Come le due facce di una medaglia, le sorelle hanno caratteri opposti: «di mia sorella dicevano che era femminile. Di me dicevano che ero intelligente. Mia sorella conquistava con la sua femminilità. Io allontanavo con la mia intelligenza… Lei era il grembo! ‘Solo fra uomo e donna il rapporto è ideale’, diceva mia sorella. ‘Solo con se stessi il rapporto è ideale’, dicevo io». Cristina Crippa, dopo il debutto del 2002 allo Spazio Xpò, propone per la prima volta nello spazio dell’Elfo questo intenso ritratto di donna, nata dalla penna sensibile di Pia Fontana, narratrice e drammaturga scomparsa prematuramente nel febbraio di quest’anno. Un monologo dai toni concitati, che si fanno via via febbrili e si rispecchiano nel gesto vitale e disperato di dipingere la propria stanza di giallo, di sole e luce, per cancellare il bianco, da sempre odiato, che sa di cliniche e di sepolcri. Si svela lo strazio di una personalità dilaniata, che l’autrice tratteggia con sapiente progressione e che l’attenta regia di Elio De Capitani sottolinea, evidenziando intima fragilità della protagonista, fino alla dolorosa confessione finale.
L’atmosfera di quel capannone spoglio verrà ricreata sul palcoscenico del Teatro dell’Elfo dove la protagonista e gli spettatori saranno a stretto contatto.
Parafrasando il poeta inglese Gray, De Capitani ci propone, toccando la quasi invisibile nostra drammaturgia contemporanea, un’elegia nel Cimitero monumentale di Milano. Un monologo al femminile [...] che racconta la schizofrenia di una donna trasformata in poesia, costretta a trovare un doppio, una sorella immaginaria nella quale sublimare il dolore per la perdita di una figlia. Un’anima metropolitana che traduce nella sua testoriana milanesità il mithos dell’antica tragedia. [...] Cristina Crippa dipinge col giallo, amato dalla figlia scomparsa, le pareti con la cromatica frenesia di Van Gogh e la sfacciata grandiosità spaziale di Polloch. Anima buon e cattiva di Sezuan, questa donna, assumendo come correlativo oggettivo la scultura tomba numero 13 del Monumentale, un angelo senza testa, si abbandona ad un ininterrotto flusso di coscienza alla ricerca di una impossibile catarsi, di una gaddiana cognizione del dolore. L’attrice con la sua dolorosa agilità si arrampica e si muove nella sua bianca cattività obbedendo all’imperativo paint in yellow. La sua interpretazione ricorda a tratti la provocatoria garçonerie della Moreau truffautiana. La sua fonazione è il risultato di una psicosi interpretativa e se da una parte incarna il sospeso flautistico pudore dell’io artistico, proiezione delle pulsioni della figlia, dall’altra si lascia sporcare da una clocharderie che lascia sulla laringe il catrame degli “uomini da marciapiede”.
Una luce livida la colpisce in viso, prima che si impossessi della scena misurandola a passi veloci, ridendo in modo follemente furbesco, imbrattando il muro spoglio di giallo, cullando la latta di vernice come fosse la sua bambina perduta. Cristina Crippa è lì, nello spazio scarno e vuoto, a dar voce e gesti con tutta l’energia che le è propria alla protagonista di La numero 13. [...] Impresa non facile perché il monologo di Pia Fontana è carico di temi dolorosi e delicati, e si addentra senza rete in una impervia analisi della psiche. [...]. La regia di Elio De Capitani attraverso la gestualità espressionista e il vagare fintamente deciso – ma in realtà spaesato – del personaggio ne sottolinea l’intima fragilità, che culmina nella dolorosa confessione finale. E la Crippa, attrice generosa, è brava [...].