5 marzo 2009, Corriere della sera
Bella l'ironica romanità del «vantone»
di Magda Poli

Nel 1963 Pier Paolo Pasolini tradusse il «Miles Gioriosus» di Plauto ne «II vantone», traslando quel che di popolare e sanguigno vi è nell'anima plautina in una sorta di avanspettacolo plebeo, in un dialetto romanesco composito, contaminato, in un linguaggio vivo e inventivo in rima e versi. Nella bella, divertente messinscena di Roberto Valerio, Plauto si incontra con la romanità sfranta, infame, molle, sfiancata, ironica e ammiccante di Petrolini, di Proietti, di Manfredi passando per le canzoni di Wanda Osiris. La storia della beffa organizzata, con tanto di botte finali, dal fantasioso servo Palesinone a Pirgopolinice, il «vantone» prototipo di tutti i capitani sbruffoni della Commedia dell'Arte, grazie alla quale un innamorato corrisposto gli porta via la donna tra astuzie e dabbenaggini di servi e padroni, vive nell'allegria di un gioco scenico cialtronesco, immediato che cattura. Una baracca di lamiere, una pedana e una compagnia di bravi attori dallo stesso Roberto Valerio, dagli ottimi tempi comici nel ruolo di Paiestrione, a Nicola Rignanese, uno sbruffonesco, ottuso «vantone», a Michele Nani, a Roberto Mattei impegnata su più ruoli come Francesco Feietti e Massimo Grigò, per uno spettacolo inventivo che fa assaporare tutti i gusti di uno scherzo che sa diventare affilato, ironico scherno. Da vedere.