Nel 1963 Pier Paolo Pasolini tradusse il «Miles Gioriosus» di Plauto ne «II vantone», traslando quel che di popolare e sanguigno vi è nell'anima plautina in una sorta di avanspettacolo plebeo, in un dialetto romanesco composito, contaminato, in un linguaggio vivo e inventivo in rima e versi. Nella bella, divertente messinscena di Roberto Valerio, Plauto si incontra con la romanità sfranta, infame, molle, sfiancata, ironica e ammiccante di Petrolini, di Proietti, di Manfredi passando per le canzoni di Wanda Osiris. La storia della beffa organizzata, con tanto di botte finali, dal fantasioso servo Palesinone a Pirgopolinice, il «vantone» prototipo di tutti i capitani sbruffoni della Commedia dell'Arte, grazie alla quale un innamorato corrisposto gli porta via la donna tra astuzie e dabbenaggini di servi e padroni, vive nell'allegria di un gioco scenico cialtronesco, immediato che cattura. Una baracca di lamiere, una pedana e una compagnia di bravi attori dallo stesso Roberto Valerio, dagli ottimi tempi comici nel ruolo di Paiestrione, a Nicola Rignanese, uno sbruffonesco, ottuso «vantone», a Michele Nani, a Roberto Mattei impegnata su più ruoli come Francesco Feietti e Massimo Grigò, per uno spettacolo inventivo che fa assaporare tutti i gusti di uno scherzo che sa diventare affilato, ironico scherno. Da vedere.