19 novembre 2006, Libero
Palcoscenico
di Carlo Maria Pensa

Ormai da undici anni non si vedevano, in Italia, edizione de “Il Giardino dei ciliegi” di Čechov, dopo le due memorabili di Strehler e quella di Luchino Visconti. Grazie dunque al milanese Teatro dell’Elfo che, solitamente più attento al repertorio del secondo Novecento, fa rifiorire il Giardino in uno spettacolo di Ferdinando Bruni, ammirevole per la limpidezza di una “lettura” senza presunzioni di quest’opera, capolavoro estremo di un Čechov prossimo alla morte (1904), affresco psicologico di una sfatta società al tramonto e di una realtà nuova che sorge: un ritorno al passato e una partenza verso il futuro. Tredici anni più tardi, in Russia, sarebbe successo qualcosa: la fine di un mondo.

Ljuba Andreevna e suo fratello Gaev, un tempo ricchi proprietari ormai sfiniti della loro improvvida vacuità, tornano nella villa della loro infanzia: ora è il commerciante Lopachin, figlio e nipote di servi, che compra tutto e abbatterà i ciliegi del giardino per lottizzare il terreno. Un dramma comico, una commedia tragica, con personaggi di franca compostezza e altri ridicolmente tarantolati, a cominciare da Firs, il decrepito maggiordomo, afflitto dalla supina saggezza del servire.

Nella giusta misura di Ljuba è da Ida Marinelli, accanto alla quale si impone il Gaev di Elio De Capitani. Altri da ricordare? Ma sì: da Paolo Pierobon a Luca Toracca, Vittorio Attene, Corinna Augustoni, Fabiano Fantini. Un’ottima compagnia.