23 ottobre 2008 il Giorno
I “DANNATI” DI SARAH KANE:
CONDANNA DELLA GUERRA FRA VIOLENZA E PERVERSIONE
di Ugo Ronfani, Milano

“Blasted” (“Dannati”) di Sarah Kane è un testo violento sulla violenza, che aggredisce il pubblico con ogni sorta di perversione: stupro e sodomia, sadismo e cannibalismo, nel clima della guerra in Bosnia. Fatta questa preliminare precisazione, aggiungo che De Capitani lo mette in scena magistralmente, senza risparmiarci nulla. Arriva così al cuore del problema posto da questo testo estremo, che è la connessione – come disse – l’autrice – tra il “seme” della violenza interpersonale (qui il delirio erotico tra un giornalista minacciato di morte, malato di cancro, e la giovane amante, che si conclude con un soldato che sodomizza l’amante-predatore prima di uccidersi) e l’”albero” della guerra che si abbatte su tutti. Questo rapporto, difficile da esprimere senza retorica, è da De Capitani reso con una messa in scena che esprime con realismo espressionista il tormentato rapporto fra il giornalista e l’amante nella camera d’albergo dove s’incontrano, e che un bombardamento trasforma in un mucchio di rovine dove con speculare ferocia il soldato usa violenza allo stupratore e l’acceca. In tal modo il rischio latente del voyeurismo annulla, nello spettacolo, quella cornice di scandalo manifestatasi nel ’95 in Inghilterra e mette in evidenza, con l’epilogo straziante fra le rovine dell’albergo (scene di Carlo Sala), il percorso folle della violenza nella sua hobbesiana, assoluta esplosione. Da quanto ha sotto gli occhi attraverso il taglio cinematografico delle scene, l’ansito e gli affanni dei personaggi, i cupi sottofondi sonori di Marzoli, le luci minacciose di Frigerio il pubblico ricava – come disse i Nobel Harold Pinter – l’impressione finale di un’opposizione globale, esistenziale, etica e politica, a tutte le violenze.

Scritta da Sarah Kane nel ’95, testamento, in qualche sorta, del suo suicidio quattro anni dopo, nella versione aspra e martellante di Barbara Nativi la pièce poggia nell’edizione italiana non solo sulla perfetta regia di De Capitani, ma anche sulla assoluta bravura dei tre protagonisti: Paolo Pierobon, il giornalista; Elena Russo Arman, l’amante, e Andrea Capaldi, il soldato.