TRE ORE E MEZZA con doppio intervallo: la lunghezza di «S’avvicina il millennio», prima parte di «Angels in America» (la seconda, «Perestroika», l’anno prossimo), è ampiamente compensata dall’interesse straordinario di questa saga teatrale di Tony Kushner, ebreo omosessuale di New York, che dissacra la presidenza di Reagan (e di Bush), da una regia «forte» a quattro mani di Bruni e De Capitani e dall’impegno di otto attori che si alternano in numerosi ruoli. E’ dal tempo del «sogno americano» di Arthur Miller che gli Usa non offrivano una vivisezione così spietata di un’America dipinta come un colosso dai piedi d’argilla, attanagliata nei dubbi e nelle contraddizioni.
«Angels in America» è stata scritta a metà degli anni ‘80 e ha avuto oltre Atlantico una celebrata versione televisiva con Al Pacino e Meryl Streep (non estranea al montaggio teatrale di Bruni e De Capitani): ora Teatridithalia ha il merito di far conoscere un testo definito una «Divina Commedia del XX secolo». Riassumendo per l’essenziale, «Angels» esprime con un linguaggio trasgressivo e toni barocchi - dal realismo al melodramma hollywoodiano al surrealismo fantastico - lo sforzo di uomini e donne per trovare un’identità sessuale, etnica e religiosa nel caos morale di un’America al culmine dell’epidemia di Aids. Un tragicomico girotondo: Prior Walter (un eccellente Edoardo Ribatto), malato di Aids, è legato all’ebreo radical Louis (Umberto Petranca), che l’abbandona per il mormome tendenzialmente omosessuale Joe Pitt (il bravo Cristian Giammarini), sposato alla Valium-dipendente Harper (Elena Russo Arman) e protetto dall’avvocato omofobico e omosessuale Roy Cohn, che ha chiesto la sedia elettrica per i Rosenberg, a sua volta condannato dall’Aids (De Capitani, interpretazione di prim’ordine). Storie private s’intrecciano a temi pubblici e politici in questo «lungo viaggio verso la notte». All’impegno di tutti corrisponde l’accoglienza entusiasta da parte del pubblico.
All’Elfo, fino al 18 novembre.