Ferdinando Bruni, dopo il personale successo ottenuto con il monologo di Giovanni Testori sdisOrè, ha messo ancora alla prova le sue qualità d’interprete: “Esuberante, istrionico e sottilmente ispirato”, in palandrana scura e cappello a cilindro sdrucito, dà voce e corpo al mago Prospero e, da solo, fa parlare tutti gli altri personaggi, mutando voce, accenti, intonazioni, cantando e sdoppiandosi senza tregua.
Miranda, la figlia di Prospero, il principe Ferdinando, suo giovane innamorato, Alonso, Gonzalo, Sebastiano e Antonio sono surrogati di corpi, figure visionarie e oniriche che ricordano nelle dimensioni le marionette giapponesi del Bunraku. Sono stati creati assemblando materiali lavorati dal mare o dal tempo: pezzi di bambola, conchiglie, coralli, ossa, teschi. Le parti dei marinai Trinculo e Stefano sono invece affidate a burattini a guanto e parlano un dialetto salentino dalla comicità concreta e sanguigna. Lo spiritello Ariel è un lieve fazzoletto bianco sormontato da una testolina illuminata e il mostro Calibano, un’esotica maschera da mamutones indossata da Bruni-Prospero. Gli interventi musicali e sonori, creati in stretta relazione con il progetto drammaturgico, contribuiscono a fare di questa Tempesta uno spettacolo incantato e struggente; li firmano Mauro Ermanno Giovanardi, voce e autore dei La Crus, Fabio Barovero, creatore dei Mau Mau e della Banda Jonica, e Gionata Bettini.
Bruni entra in scena come un nero imbonitore da fiera su un carro nel quale è esposta la mercanzia della sua anima, i fantasmi che hanno popolato la sua esistenza: inquietanti marionette e fantocci... È bravissimo, anima i suoi spettri, dà loro cento voci e magia teatrale, impegna la sua arte di attore appieno per far vivere questa Tempesta enigmatica e oscura come un incubo ma pervasa da una sofferta malinconica e liberatoria consapevolezza.
Questo inserimento delle marionette a mio avviso è l’aspetto più interessante dello spettacolo: operare con strumenti del genere per chi non vi è avvezzo rischia di tradursi in un gioco banale. Qui il pericolo è schivato alla grande, e non solo per l’aspetto che l’artista Giovanni De Francesco ha dato alle sue sculture di scena, che sono macabre, mostruose con piccoli teschi al posto delle teste, arti ossuti e scarnificati... Ancora più affascinante, di fatto, è il modo in cui questi esserini da incubo sono manovrati “a vista” da protagonista e da due assistenti nello stile del Bunraku. ... Un Bruni davvero in continua crescita: esuberante e istrionico quando canta, quando fa parlare i suoi fantocci, quando ardisce seguire le orme di Carmelo Bene recitando con vari accenti tutti i ruoli, sembra però più sottilmente ispirato nei momenti in cui esce dalla parte per restare solo con quell’Ariel e quel Calibano che sono come emanazione della sua anima.
Un trionfo meritato che condivido. Bruni che dà voce e maneggia qualcosa come 18 personaggi-marionette, si propone come erede legittimo di Carmelo Bene e, già straordinario interprete di sdisOrè, si conferma come ideale continuatore della drammaturgia di Testori. Coerente e compatto nella sua originalità, l’allestimento figura a pari livello con le più riuscite rielaborazioni di questo capolavoro.