“Certe storie ce le raccontano solo quando siamo piccoli, altre ce le raccontano da grandi. La maggior parte delle storie che ci raccontano da grandi dovrebbero raccontarcele da piccoli.”
Storia dell’oca è una storia di leggi.
Una storia di violenza ereditaria che, come la miseria, si trasmette di generazione in generazione.
Il mio lavoro è stato quello di cercare una via d’uscita per Maurice. Quelle che ho trovato fanno parte dell’universo della nevrosi. Lui prega Bulamutumumo così come i suoi genitori pregano Dio. Spera di diventare Tarzan, così come Teeka, l’oca bianca, sogna di poter volare un giorno. Maurice trova almeno in parte una soluzione reale sottomettendosi ai colpi, investendo nel vile baratto che quei colpi gli consentono. Ecco le sue vie d’uscita.
Non interroga l’essenza di quella violenza: fa parte delle leggi.
Ancora oggi, ci sono più Maurice di quanto si possa pensare. Sono di tutte le età, e ancora silenziosi e silenziose.
Spero che questi bambini umiliati leggano questo testo o vedano lo spettacolo. Spero che parleranno con qualcuno della loro miseria. Parlarne… scriverne, ecco le prime vie d’uscita… Non eclissa l’uragano, ma calma la folgore.
Questo è uno dei testi di Michel Marc Bouchard che più mi commuove. Scritto come una favola per bambini (un bambino, un’oca parlante, le avventure immaginarie nella giungla), nasconde un livello di violenza da lasciare senza fiato.
Per questa favola nera, ho immaginato un andamento da sogno.
Un adulto ricorda quando era bambino e il suo racconto prende vita, si anima, con la stessa consistenza, inafferrabilità e incongruenza dei sogni. O forse degli incubi.
Attraverso questa strana storia, i cui protagonisti sono un bambino marionetta e la sua amica immaginaria, un’oca umana, vorrei approfondire il tema delicato della violenza sull’infanzia.
E’ proprio l’indagine dell’infanzia corrotta ad essere uno degli aspetti principali di questo lavoro, una tematica presente anche nelle mie precedenti regie.