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Renato Palazzi su delteatro.it (link esterno)
Happy Family, terzo e ultimo appuntamento di Prime Opere, il nuovo progetto dedicato a giovani artisti che si sono formati lavorando con Teatridithalia e che hanno con noi un rapporto di consuetudine e di affetto. È uno spazio voluto da Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, direttori artistici del teatro; è una via perché il teatro continui a essere un organismo vivo aprendo le porte alle nuove generazioni.
Teatro dell’Elfo dal 2 al 26 maggio 2007 (nuove date)
PRIME OPERE
Happy Family
uno spettacolo di Alessandro Genovesi
con Gabriele Calindri (Vincenzo), Linda Gennari (Anna), Manuela De Meo (Filippo), Marta Iagatti (Anna), Roberta Rovelli (Caterina), Corinna Agustoni (Nonna Anna), Debora Zuin (Mamma), Massimiliano Speziani (Papà), Alessandro Genovesi (Ezio)
luci di Rocco Colaianna
suono di Jean-Christophe Potvin
direttore di scena Filippo Strametto
assistente alla regia Mara Ferrieri
assistente costumi Ortensia Mazzei
arredi 1380.it
una produzione TEATRIDITHALIA
in collaborazione con Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi
prima nazionale
Premio speciale della giuria
Premio Riccione per il Teatro

happyfamily

Alessandro Genovesi - attore milanese impegnato sui palcoscenici dell’Elfo, del Teatro i e dell’Out Off - ha vinto con Happy Family, suo primo testo teatrale, il riconoscimento speciale della giuria al Premio Riccione Teatro del 2005. Dopo una lettura scenica (andata in scena il giugno scorso) che ha divertito e commosso senza riserve, Teatridithalia ha scelto di produrlo e di proporlo come terzo e ultimo titolo di PRIME OPERE, il progetto rivolto alle nuove generazioni di autori e registi, inaugurato a inizio stagione con Le muse orfane, diretto da Nicola Russo, e con Le scale del Sacro Cuore, diretto da Lorenzo Fontana. Collaborano alla realizzazione dello spettacolo la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi (sono allieve della scuola le attrici Manuela De Meo e Marta Iagatti e l’assistente alla regia) e, per l’allestimento scenografico, Trediciottanta che presta gli arredi grazie a un’inedita formula di “merchandising”.

Happy Family «una confessione camuffata, un diario mascherato, una commedia che parla della paura di diventare grandi, di cambiare la nostra vita per qualcos’altro che non conosciamo. È un esorcismo scritto nella Milano d’estate. Quando non si muove una foglia e dal silenzio può uscir fuori quello che di solito sta muto. Tutti i desideri e tutte le paure. Di essere troppo, di non essere nessuno. Sorrisi, scontri e incontri esaltanti. Brutture e imperfezioni guardate con ironia. Difetti che diventano poesia. E così si scaccia per un po’ il terrore quotidiano di vivere a metà, di essere scontati.

Di questa commedia si può dire tutto quello che di solito innervosisce: è lieve, è romantica, è banale. Le persone che la popolano sono normali. Ma questo è il suo bello. Che è tragicamente fuori posto».

Due famiglie incrociano i destini a causa dei figli quindicenni, Anna e Filippo, caparbiamente decisi a sposarsi. Un banale incidente stradale catapulta il protagonista-narratore, Ezio, al centro di questo microcosmo, nel quale i genitori possono essere saggi, ma anche più sballati dei figli, le madri nevrotiche e coraggiose, le nonne inevitabilmente svampite, le figlie bellissime e i cani cocciuti e innamorati. In poche parole, due famiglie di oggi, che sfuggono alle catalogazioni e alle etichette, in evoluzione continua, in equilibrio precario, vive, felici e confuse.

Ezio ha trentuno anni, sostiene di non avere grossi problemi (ma soffre di mal di schiena e di crisi di panico), è ricco (perché ha ereditato dal padre il brevetto della pallina per lavatrice), è stato mollato dalla fidanzata: «Il momento era arrivato. L’incidente aveva rotto qualcosa e non parlo solo di alcune mie ossa... da quel momento in poi non ho mai più avuto voglia di stare da solo, di mangiare da solo, di vivere da solo».

Un grande schermo, che assumerà toni e colori diversi, domina la scena, organizzata per luoghi deputati che ricostruiscono gli ambienti di una casa. Alla fine di ogni replica i mobili e gli oggetti (divani, tavolo da pranzo, lampade ecc.), che sono pezzi unici forniti da Trediciottanta, potranno essere acquistati dagli spettatori e, nel caso di vendita, saranno sostituiti rinnovando ogni volta l’ambientazione.