AMLETO
di William Shakespeare
traduzione Cesare Garboli

regia di Elio De Capitani

con Ferdinando Bruni, Elio De Capitani, Ida Marinelli, Elena Russo Arman, Luca Toracca, Corrado Accordino, Marco Cacciola, Fabiano Fantini, Alessandro Genovesi, Massimo Giovara, Nicola Russo

scene di Carlo Sala
luci di Nando Frigerio
colonna sonora di Renato Rinaldi - suono di Jean-Christophe Potvin

una produzione TEATRIDITHALIA



La compagnia dell'Elfo riprende, a sei anni dall'ultimo allestimento, Amleto, classico per eccellenza. E se la bellezza di un classico è la sua capacità di mutare, di sorprenderci, di deperire e risorgere, l'allestimento di Elio De Capitani si è trasformato nel corso delle varie edizioni scoprendo di volta in volta nuove sfumature.
I drammi di Shakespeare vivono lungo i confini, scegliendo l'ibridazione dei generi e la polifonia, in modo da complicare qualsiasi univocità prospettica. Dunque il confronto dell'Elfo con i fondamenti del teatro occidentale moderno - dopo le tre versioni di Sogno di una notte di mezza estate, dopo Il mercante di Venezia e la recentissima Tempesta - riprende da Amleto: un laboratorio, un paradigma con il quale confrontarsi costantemente, uno specchio di fronte al quale riflettersi e grazie al quale riflettere sul teatro e la sua capacità d'indagare l'essere umano e il mondo.

Nel primo allestimento (marzo '94) Amleto era parente stretto di una generazione di arrabbiati, figlio tormentato del Novecento che, rompendo con la propria epoca, compiva un atto di irriducibile rivolta contro il grigiore della realtà. Quasi fosse maturato nel corso delle successive messinscene, il protagonista prende ora a riflettere sulla sua dolorosa inadeguatezza, fino a scoprire i limiti dell'agire umano, della libertà individuale e le implicazioni morali del potere, sia che lo si persegua sia che vi si rinunci. Amleto porta in sé dubbi, esitazioni e conflitti, ma tutto ciò, infine, non lo esime dal macchiarsi di delitti insensati. Ed è lo scontro senza esclusione di colpi con Claudio che lo conduce in questa direzione: re Claudio è una forza di vita primigenia, barbara, incandescente, forza del piacere che persegue il potere; è uno dei più maturi villain shakespeariani, non accetta la condizione di cadetto, fratello del re e zio di Amleto, e vuole pervicacemente potere, letto regale e corona, contrapponendo ai dubbi morali del principe la ricerca di un'edonistica pienezza, capace di appagarlo.

Ma il rapporto tra intenzione, azione e risultato sarà fallimentare per entrambi i contendenti.
Ferdinando Bruni è interprete di Amleto anche in quest'edizione, Ida Marinelli è nuovamente la regina Gertrude, mentre il ruolo di Claudio viene assunto per la prima volta dallo stesso regista, Elio De Capitani, cosÏ da ridefinire i cruciali rapporti tra i tre. Elena Russo Arman è Ofelia, una bambina/donna di ambigua doppiezza, figlia della spregiudicata prudenza di Polonio, interpretato da Luca Toracca.
In questo allestimento una luce diversa illuminerà quindi i conflitti che permeano il dramma: non solo per i riflessi che i personaggi assumono grazie a nuovi interpreti e alla maturazione della compagnia, ma anche per i cambiamenti epocali occorsi in questi anni.
Dunque Amleto, con la sua stratificazione di significati, il suo interrogarsi senza proporre soluzioni inequivocabili o stabili, ci fa riflettere anche sul nostro nuovo, mutato presente: Cesare Garboli, recentemente scomparso, lavorò alla traduzione di questa “tragedia di ferro, tragedia soldatesca e guerriera”, considerando che dovesse, paradossalmente, la sua attualità “proprio alla sua mancanza di modernità e alle sue radici barbariche”. Le nuove barbarie degli anni attuali - il “disordine” planetario che è stato indelebilmente segnato dall'attacco alle Torri Gemelle e dalle guerre infinite che ne sono state l'illogica conseguenza - si sono incaricate di dare un diverso e più profondo significato a questa visione. E di nuovo appare un atto necessario lo sforzo di Amleto di contraddire tempi e di tentare di rimetterli in sesto.

DALLA RASSEGNA STAMPA DELL'EDIZIONE ‘99:
Shakespeare made in Italy.
…Che differenza quando un regista concentra tutta la sua attenzione sugli attori! Molte scelte dell'Amleto di Teatridithalia potrebbero sembrare bizzarre e senz'altro la messinscena espressionista di Elio De Capitani è nell'insieme unica rispetto a quasi tutte le ultime edizioni di Amleto viste a Londra. Qui ciascun dettaglio concorre a dare forma e completare il lavoro dell'attore. (La traduzione italiana è di Cesare Garboli nell'endecasillabo proprio all'italiano come il pentametro giambico all'inglese).
… Qui, la frequente immobilità degli attori risulta autentica, incantevole, meravigliosamente espressiva. E Ferdinando Bruni - lui e De Capitani sono i direttori artistici della Compagnia - domina il dramma come a pochi Amleti sia mai riuscito; e lo fa con la sola forza della mente. Solo stando fermo emana energia. (Allo stesso modo gli altri attori, in particolar modo Ida Marinelli come Gertrude…).
Per Bruni si tratta di energia intellettuale. (Non è un caso che Bruni oltre che attore sia anche regista, traduttore, scenografo e pittore. Ha tradotto tempo fa in italiano Una Stagione all'Inferno di Rimbaud.) È esile ma elegante e assolutamente sicuro di sé; la sua voce un cupo, incisivo, duttile basso-baritono. Ascoltandolo restiamo avvinti al pensiero di Amleto; e l'intero spettacolo trova la sua ragion d'essere. (…)
È notevole la tensione tra lo stile recitativo della compagnia, essenzialmente classico ma sempre naturale e la cornice espressionista dell'intera messinscena. Il mondo del palcoscenico sembra surreale; sono gli attori a renderlo vero.

Alastair Macaulay FINANCIAL TIMES del 14/4/99.